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PAROLE IN PROPOSITO

Ricevo da Norma Stramucci L'oro unto (Edizioni Tracce), un libro che mi sembra complessivamente riuscito, anche se l'intonazione essenzialmente antilirica può dare in certi momenti l'impressione di un'eccessiva geometria stilistica. Il linguaggio della Stramucci privilegia la forma icastica, essenziale, una simbologia asciutta e dai contorni netti, tutti elementi che vengono collocati, come osserva Ubaldo Giacomucci, "all'interno di un proprio personale e originale discorso stilistico, che è anche un discorso esistenziale, di vita quotidiana e di sentimenti". Norma Stramucci, che vive a Recanati dove insegna, è poetessa di sicuro talento, come dimostra l'ottimo testo che qui propongo....

 

                   Roberto Carifi, "Per competenza", "Poesia" n. 94, Crocetti Editore, p.78 

 

Un forte simbolismo, con il gusto della cifra icastica. Norma Stramucci è nata nel 1957 a Recanati, città nella quale vive e svolge la sua attività di insegnante. La sua opera prima è L'oro unto, pubblicata dalle Edizioni Tracce nel giugno 1995.

 

                   "I libri di Poesia", "Poesia" n. 95, p. 32

 

Dalla reclusa casalinghitudine senza scampo luci e ombre (anche il titolo sembrerebbe in odore di ossimoro) garrule risplendono e incupite si stendono su questi epigrammi allegorici, tutti giocati sul colpo di scena domestico, sul cozzo, di un doppio registro aulico-parodico. Ebbene sì, con spigliata ironia la poetessa-casalinga appassionata in giardinaggio come la Dickinson ma irreparabilmente impaniata nell'universo esselungico delle merci, sapiente di miti e metri (esametri, endecasillabi infiorettano la pagina), non teme l'intrepida avventura di quella massima trasgressione che ha nome letteratura.

 

                 Rosaria Lo Russo, "Recensioni", "Semicerchio", Rivista di poesia comparata, n. XIII - 1995/2, Le Lettere, p. 55

 

L’oro unto, Tracce, Pescara 1995, è la prima pubblicazione di Norma Stramucci. Vi è, al centro dell’ispirazione, una poesia delle piccole cose, il cui mondo è a volte la cucina e le cui metafore rientrano spesso nella stessa area semantica. Il tono è di frequente pessimistico e la tristezza è una sorta di velo che si stende sopra ai versi, volutamente antilirici, quasi prosastici a volte, in cui sembrano non trovare posto le figure di suono. Oltre a ciò, la caratteristica di questa scrittura, e insieme la sua forza, è nella chiusa in cui si addensa il senso del componimento, di solito icastica ed epigrammatica. E’ una poesia che si muove silenziosa, inosservata e, quasi, sotterranea per poi risolversi, scoprirsi e vivere nel finale. E’ inoltre una poesia di pensiero, di riflessione, lontana dai moti del cuore; in essa viene tagliato via tutto ciò che è superfluo; tutto viene ridotto all’essenziale, per cui la  scrittura ne risulta piacevolmente asciutta e misurata.

 

                 Maurizio Marota

RECENSIONE DI SERGIO FUMICH

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