TRATTE DA IL CIELO LEGGERO
Certo perché ogni indumento è trapunto
col flusso d'umore inquieto e profano,
mi tormenta la malia dell'angelo bianco.
Guardami amore nel fondo dell'occhio
come rifrange il suo ricordo.
Fulgida, immacolata veste,
prendimi dall'armadio. Quella
dagli intarsi di luna. e non dirmi dei buchi
che trasudano tarme.
Al bagno 1
-Fatti bianche le unghie.
Gli guardo le manine
che schiumano burro di palma,
mentre l'acqua fregia di un rivolo nero
la vasca. La desquamazione
lamellare della mia faccia,
la mucosa della bocca infiammata,
la sua stizza -ghiandola di pollo-
vorrei pulire via da questo bagno-mondo.
-Dammi il voto, mamma.
Ogni lunula incanta, bianca.
9 aprile 2004, ore 18.16
Lo spirito del nemico si sveglia
e cavalca la pioggia.
Le lamiere dell'auto diventano
fronda crespa e ondulata
di lattuga di mare.
La laringe in cancrena
partorisce nell'urto
l'uro-larva morta.
Alla stregua di squame sottilissime e caduche
mi si spezzano nel petto
le nervature mediane delle foglie.
Ma con farina di sughero, e olio
di lino, la sagoma dellìangelo ha tessuto
la nubifera veste che ha custodito il mio bambino. Io sola vedo
in cielo l'arcobaleno
che protegge le donne in travaglio.
L'angelo
Voglio andare a dormire.
Mandarmi via dalla testa le paturnie.
Tra le ali dell'angelo mio
che non impugna la spada
e non può essere solo
una polena di legno dipinto
per me novello marinaio all'osteria,
pulire i pensieri di terra
imbrattata al letame,
le idee con le quali
la discarica insudicia il mare,
e adagiarmi nel tuo sonno bambino
succhiando il pollice che hai consumato
e ferito. - Mamma, mettimi un cerotto,
oppure il guanto
che mi ha cucito nonna.
Non dormo. Mi fa male, mi sanguina
il tuo dito.
Io nel pensier mi fingo 2
Per non pensare alla paura nera
in tavola porto gli azzurri bargigli
strappati alla gallina
nell'isola di Lero.
Vi guardo mangiarli mentre
insieme all'angelo infilzo
-infarinato e fritto-
a pezzi nel piatto il firmamento.
Io nel pensier mi fingo 6
Sulla tovaglia è disegnata
la robinia dal ramo fiorito di bianco.
Il segno della piega la interrompe
e come un lungo rivo
ne rinfresca gli spini
che mi pungono quando mi distraggo
al trillo dell'allodolola
nascosta tra le foglie.
Io nel pensier mi fingo 8
Guardo che si squaglia
l'anestetico al mio mal di testa,
la sostanza bianca cristallina
che lascia infiorescenze ai bordi del bicchiere.
Velo alla lunazione
di un minuscolo cielo limitato dal vetro.
Bevo l'intruglio, ingoio la luna
non ancora apparsa.
E' come essere un'altra:
vedo la mia stanza
dagli occhi sotto
il sopracciglio bianco dell'averla.