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“Lettera da una professoressa”, pubblicato da Manni nel 2009, è una dichiarazione coraggiosa - e contagiosa - di amore per la funzione civile dell’insegnamento. Norma Stramucci avverte il declino del ruolo del docente nell’opinione comune, osserva l’indifferenza delle istituzioni a un discorso di educazione e formazione culturale e civile, assiste alla deriva - tragica - della famiglia come alleata della scuola nell’educazione dei ragazzi, nota l’emergere - il riemergere - di pregiudizi, falsi valori e falsi modelli… Eppure la sua “Lettera” non è una lamentosa elegia in memoria di una scuola perduta per sempre, anzi: proprio quando la sua descrizione dell’alunno vuoto di pensieri, rozzo e indifferente, afasico per incapacità di esprimersi, prevaricatore e ottusamente fiero della sua ignoranza – proprio quando questa descrizione di mostro di Frankenstein, in cui si concentrano tutte le angosce di ogni insegnante, sembra togliere ogni possibilità di azione, proprio allora Norma rivendica a sé il compito di aprire brecce, aiutare a generare pensieri, ad osservare gli altri con rispetto e curiosità, a crescere insomma.
A questo serve la scuola, a formare persone consapevoli del loro ruolo e degli altri, disposte ad ascoltare e pronte a lavorare sul proprio linguaggio per farsi comprendere, pronte al dialogo civile come alla forma primaria di democrazia, al rispetto delle diversità. Non è un caso che Norma Stramucci abbia usato la forma della lettera, che non è solo un omaggio alla “Lettera a una professoressa” della Scuola di Barbiana, ma è soprattutto uno stile, fondato sulla condivisione e la comunicazione, sul dialogo insomma – un dialogo socratico, che estrae con pazienza, quasi con ostinazione, le verità semplici e importanti dall’anima stessa dell’interlocutore, che non sarà mai così ottuso e vuoto da non rispondere, e da non sentirsi migliore dopo aver risposto.
Certo, è una scuola ormai isolata: abbandonata a se stessa dalle istituzioni, delegittimata da famiglie inebetite dall’indifferenza (no, non tutte: certo quella dell’alunno impossibile a cui si rivolge la lettera), tragicamente fuori moda rispetto ai falsi miti di una società che sembra coincidere con certi orribili programmi televisivi pomeridiani… Questo rende il lavoro di recupero degli alunni più arduo, ma, ancora una volta, non impossibile.

 

Claudio Morandini

in http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/09/28/letteratitudine-chiama-scuola/

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